Dexedrina – Da Dispacci, di Herr
Lug 03
Deliri notturni dispacci, guerra del vietnam, inspirare, michael herr, saigon, vietnam No Comments
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Inspirare
C’era una carta del Vietnam sul muro del mio appartamento di Saigon e certe notti che tornavo tardi in città mi buttavo sul letto e stavo a guardarla, così stanco da non riuscire a far niente di più che togliermi gli stivali. Quella carta era una meraviglia, specialmente adesso che non corrispondeva più alla realtà.
Intanto, era molto vecchia. L’aveva lasciata lì anni prima un altro inquilino, probabilmente un francese, dato che era stata fatta a Parigi. Anni e anni di caldo umido a Saigon avevano deformato la carta nella cornice, e avevano lasciato una patina sui paesi che raffigurava. Il Vietnam era suddiviso negli antichi territori di Tonchino, Annan e Cocincina, e a ovest, oltre il Laos e la Cambogia, stava il Siam, un regno. È vecchia, dicevo a chi veniva a trovarmi, è una carta molto, molto vecchia.
Se la terra morta potesse ritornare e perseguitarci come fanno i defunti, avrebbero potuto scrivere ATTUALE sulla mia carta e bruciare quelle che si usavano nel 64, ma, state tranquilli, non sarebbe successo niente del genere.
Ormai era quasi la fine del 67, persino le carte più particolareggiate non svelavano granché: interpretarle era come cercare di decifrare le facce dei vietnamiti, cioè come cercare di decifrare il vento. Sapevamo che l’uso della maggior parte delle informazioni era flessibile, pezzi diversi di territorio raccontavano storie diverse a persone diverse.
…
Quando vai fuori di notte i medici ti danno delle pillole, l’alito di dexedrina sa di serpenti morti conservati troppo a lungo sotto vetro.
Dal canto mio non ne ho mai visto la necessità, un minimo contatto con il nemico o qualsiasi cosa che soltanto lo ricordasse mi rendeva più anfetaminico di quanto potessi sopportare. Ogni volta che sentivo qualcosa al di fuori della nostra chiusa, piccola cerchia praticamente flippavo, sperando in Dio di non essere l’unico ad averla notata. Bastavano due spari nel buio a un chilometro di distanza ed ecco che un elefante mi si inginocchiava sul petto togliendomi disperatamente il fiato. Una volta credetti di aver visto una luce muoversi nella giungla e mi sorpresi a dire con un filo di voce: «Non sono pronto, io non sono pronto». Fu allora che decisi di lasciar perdere e di fare qualcos’altro delle mie noyti. E non andavo certo fuori come facevano quelli delle imboscate, i LURP, Loong Units Reconnaissance Patrol ovvero pattuglie a largo raggio d’azione che uscivano notte dopo notte per settimane e mesi, strisciando fino ai campi base vietcong o attorno alle colonne in movimento dei nordvietnamiti. Già così ero ridotto a un fascio di nervi, dovevo soltanto farmene una ragione. In ogni caso, mi tenevo da parte le pillole per dopo, per Saigon e le tremende depressioni che mi prendevano sempre laggiù.
Conoscevo un LURP della 4ª divisione che prendeva pillole a manciate, sedativi dalla tasca sinistra della tuta mimetica ed eccitanti dalla destra, i primi per aprirgli la strada e gli altri per farlo andare avanti. Mi disse che con quelli le cose gli apparivano nella luce giusta…
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