Sbadigliare

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yawn secretary

 

Sbadiglia al telefono, si rifugia nel letto e racconta di lavoro.

Un mozzicone di parola interrotto dalla fame d’aria di uno sbadiglio,
una frase spezzata e poi ripresa, l’idea fissa delle sue labbra che modellano l’aria, aspirandola.
Immaginarla, brutta dai pensieri spettinati, stanca dal giorno e dalla notte già iniziata, torturata dalle parole che vomito a ripetizione.

L’ odore della sua bocca, pensare di  zittirla con un bacio, col sapore di una sorpresa: Loretta.

Sbadigliare per attenzione, per la necessità d’aria, come fosse benzina per fare andare il motore del corpo, imparando, ascoltando.
…Ad un convegno, a lezione, in riunione.

Combattere lo sbadiglio finendo per peggiorare il rumore con uno schiocco di labbra, con una smorfia oblunga, con un orrendo filo di saliva.

In coda da qualche parte, ma è poi è banale; sbadigliare cercando le parole, le idee per scrivere.

Leggendo, per stanchezza, guidando di notte, quando il giorno è già finito e ti ostini a rimetterne a posto i pezzi;
quando casa sembra lontana, quando faresti ancora un  giro, quando la bocca che continui ad adorare sbadiglia lontano dalla tua.

A cena, bevendo, stando bene e temendo di dimostrare il contrario: “è solo stanchezza amore mio”.

Poter sbadigliare, perché Loretta capirebbe, guardarla sbadigliare e capirla:  stanca se stanca, triste se triste, felice da poterti spostare la giornata.

Sbadigliare, leggendo un blog inutile, un post che è solo un esercizio, sbadigliare una notte sognandone un’altra, sbadigliare nella cassa di risonanza di un bicchiere fondo e vuoto di birra.

…mentre aspetti che il meccanico finisca o per reazione all’aria condizionata, sbadigliare quando fuori in strada pare stia fondendo tutto dal caldo e tu sei chiuso in casa, madido ed annoiato..

Sbadigliare di sera, cercando non sai cosa nel riassunto del giorno, tornando da lavoro, nell’intestino di ferro del serpente del metrò.

Sbadigliare in un autobus vuoto di domenica mattina, viaggiando, alla stazione, oppure di notte, su una panchina, sperando che il tempo  sia capace di accelerare: e invece no, sbadiglia pure, perché il tuo treno ci sarà domani e il distributore a gettoni là in fondo ti illumina appena il viso, continuandoti a ricordare che non hai monete utili in tasca.

Sbadigliare.

Sbadigliare….“ok, a domani allora”, ingoiando parole non dette, mascherandone altre.

Sbadigliando al telefono, col gusto delle ultime parole prima di dormire, come fossero un trofeo importante, una dolcissima inutile idea di univocità.

Quella bellissima bocca, l’attimo nel quale si chiude alla perfezione in una foto perfetta per una foto; le labbra soffici e profumose della pozione della sua saliva.

Come sarebbe vederla addormentarsi lagnandosi del lavoro, mentre con un braccio le incornicio il corpo fra protezione e desiderio…

“ehi Loretta ?!?!”

“dimmi?!?!”

“no..niente, buonanotte”

Sbadigliare cadendo nel letto, chiedendoti ancora confuso perché .

 

Buonanotte

 

Massimo

 

 

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