Salinger, la densità e l’inconsistenza del tempo

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Così come ad un certo punto, non so bene quando, ho smesso di amare e cercare non so bene come di imitare Salinger, non so bene come e quando sia passato il tempo.

Si dilata, si restringe, assurge ad infinito. Nei 40’ di una partita di pallacanestro, nel singolo minuto di un timeout, nei 24” secondi di una azione, in un secondo di riflessione scatenata da una immagine, da uno sguardo, in 15’ che precedono la riunione di lavoro, avviati dall’avviso del calendario elettronico: quanto è contenuto in quel tempo, di cosa è fatto, quanto potrò portarmene via, condensare, ricordare?

Non so bene quando ma le mie figlie sono già cresciute: ho scoperto quanto infinito c’è nelle frazioni più minute di tempo, di giorno.
Le loro espressioni più consapevoli, la loro mimica facciale evoluta ora mi dimostra ancor più il loro carattere delineato, non ancora maturato nel senso oscuro e brutto del termine, a causa dell’esperienza del vissuto.
Ora sono loro, ancora pure, non traviate da un indirizzo educativo e sociale, non ancora mascherate dietro convenzioni e convinzioni indotte fosse anche dallo studio od  appunto dall’esperienza. Mi appassiona guardarle essere così come sono, rimanere nel dubbio di procedere ad educare avendo chiaro che di fatto coinciderebbe con inoculare il veleno della mia singola esperienza e non della giustezza, della verità che di fatto nessuno conosce. Mi rifugio nei libri dei saggi, nelle notizie oltre confine, nella buone pratiche per il clima ed il benessere sociale portate avanti dalle democrazie del nord Europa. Continua a leggere….

Tempus fugit, amor manet

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Noi 3

Stamattina facevo il fumo dal naso respirando.

Lungo la piccola strada troviamo gli alberi umidi, con la corteggia inverdita dal muschio sul lato della strada dalla quale evidentemente prendono poco sole; c’è un albero cavo, ha un buco perfetto e tondo dove crediamo davvero sia nascosto ora un cane, ora un gatto ma mai un picchio come invece la mia mente di vecchio bambino, scontata, arrugginita si aspetterebbe.

Il gatto intanto, incontrato davvero, lo abbiamo visto scappare poco prima sull’erba imbiancata da rugiada e gelo.

Beatrice  si è fatta togliere la giacca appena fuori dalla porta del corridoio delle classi, poi mi ha baciato sulla guancia e mi ha abbracciato stretto sorridendo sorniona. Matilde allora è tornata indietro pochi passi per far finta di rubarmi il naso così che poi, le ho ricordato, me lo avrebbe dovuto restituire oggi pomeriggio, tornando. Continua a leggere….

Metafisica di una pandemia e del suo isolamento

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moca-chirico-hero

Questo è il tempo di aspettare.

Questo isolamento a causa della pandemia sta cambiando in molti i ritmi delle giornate e sta facendo apprezzare cose e persone che prima venivano date per scontati. Gesti quotidiani come fare la spesa o salutare qualcuno per strada, andare a trovare un amico, sono diventati dei ricordi e dopo circa 40 giorni per i più ligi al dovere, posso dire che alcuni aspetti arrivano a sembrare ricordi di qualcosa di molto più lontano e nostalgico.
Ci stupiremo a ricordare le lunghe file al supermarket, i capelli lunghi e fuori colore di alcuni, le molte videochiamate, l’accelerazione tecnologica imposta dal virus in pochi giorni e non dalla pubblica ragione in tanti anni. Ricorderemo la bellezza ipotetica e non fruibile delle città vuote, specie come Roma, del silenzio estremo che nemmeno la notte ci offre, di fotografie che non potremo mai scattare non essendo liberi di andare a godere del fatto di essere liberi e soli. Un dolce amaro paradosso. Continua a leggere….


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