I passi per la costruzione di una filosofia di gioco.

Ci sono state giornate positive alternate ad altre di dubbio valore in cui la confusione ha spadroneggiato.

Ho nel frattempo deciso che non mirerò tanto ad inventare nuovi esercizi quanto a ripetere a giro quelli già proposti per tendere a far entrare nel dna dei giocatori alcuni comportamenti, ragionamenti che reputo utili.
Ho dedicato al gioco larga parte della sola seduta del venerdì: troppi giocatori in una sola ora di gioco per giocare un minimo anche negli altri giorni senza penalizzare l’apprendimento di movimenti e concetti fondamentali.

Una squadra giovane, non molto alta, priva di veri pivot di ruolo: ho deciso di giocare insistendo sulla transizione, contropiede, ed ovviamente, a monte di tutto, una difesa aggressiva fatta di giocatori perennemente in anticipo ed in alcuni specifici casi impegnati in aiuti difensivi o raddoppi di marcatura sia da alto forte che da lato debole.

I risultati si sono visti anche contro buone squadre del nostro girone anche se abbiamo alternato, come dicevo, allenamenti poco produttivi (per motivi che spaziano da ipotetica stanchezza a demotivazione a mio parere immotivata) e partite meno brillanti fra cui una persa dopo essere partiti alla grande ed aver condotto per metà gara.

I passi:

  • ho cominciato lavorando su concetti base quali lato forte e lato debole per poi imporre negli esercizi, situazioni che richiedessero un aiuto difensivo deciso: ho dato loro le coordinate dell’aiuto che chiedo; fuori dal semicerchio di non sfondamento, dal lato debole del gioco, veloce e pronto ad occupare spazio davanti all’avversario, senza salti o ricerca ossessiva della palla.
    Ho focalizzato l’attenzione su particolari quali la posizione del corpo e delle braccia per avere un buon anticipo, l’atteggiamento di difesa con gambe piegate e cariche, piedi sempre reattivi.
  • Ho dato delle regole di difesa sui blocchi che in prima istanza sono sembrate folli ed innovative ma che ho avuto modo di dimostrare come applicabili ed efficaci se applicate diligentemente (da approfondire in altro articolo)
  • Ho lavorato spesso sulla reattività aggiungendo nella fase di riscaldamento di ogni seduta di allenamento, sfruttando una scaletta da fitness ed esercizi di coordinazione e reattività a seguito dei quali c’era sempre un pallone da insaccare nel canestro.
  • Sono passato poi ad aggiungere alla tipologia suddetta di esercizi, situazioni di contropiede : apertura dopo rimbalzo, palla veloce nella corsia centrale, ali che corrono, 2 passaggi e via chiusura a canestro.
    Ho fatto eseguire anche banali sequenze di “apertura, transizione ” a ripetizione per ottenere buona tenuta atletica e lucidità quando l’ossigeno tende a mancare: dopo 3-4 contropiedi in continuità ho aggiunto una difesa nell’ultimo contropiede da giocare così da rendere più reale quanto in precedenza meccanicamente metabolizzato.
  • Dopo una gara giocata in maniera approssimativa contro una difesa a zona 2-3 da cui siamo usciti attaccando con un discreto “penetro e scarico” provato in allenamento, ho lavorato in 3 sessioni totali all’attacco alla zona focalizzando su concetti quali attacco con palleggio deciso negli spazi e movimenti predeterminati utili distorcere la difesa avversaria. Concetti di cui mi sono riproposto di scrivere dettagliatamente qui sul blog in prossimo futuro.
  • Ho lavorato, via via, progettando esercizi che proponessero parti dei nostri schemi di gioco ma su questo non ho ancora notato, come invece speravo, una automatismo di gioco nel vero e proprio schema di gioco che a tratti viene giocato solo a memoria senza valutare le differenti soluzioni che una appena discreta lettura della situazione di gioco offrirebbe in quel momento: segno che dovrò ancora una volta insistere e ripetere senza necessariamente dover cambiare esercizi e soluzioni con il conseguente rischio di creare confusione.

Ora abbiamo una impronta di gioco, i ragazzi portano in campo quella che, nel mio piccolo ovviamente, è la mia filosofia di gioco. Dobbiamo lavorarci molto e soprattutto mi domando come ottenere una continuità di impegno e quindi rendimento nei vari allenamenti visto che per ora ritengo sia questo il vero baco.

Spero inoltre che la sconfitta (dal mio punto di vista amarissima perché maturata contro avversari  era alla nostra portata) abbia fatto maturare alcuni non fosse altro per l’amaro sapore e per la capacità di gestire vantaggi da non buttare al vento.

Massimo

 

Sono in difficoltà

Lo ammetto, senza mezzi termini: sono in difficoltà.

Abbiamo vinto la prima partita, in casa, ma nonostante questo sono al muro. La difficoltà sta nel programmare un allenamento consono al gruppo, come ho già detto.

Condensare in un ora a seduta di allenamento, esercizi sui fondamentali individuali, esercizi su collaborzioni offensive e difensive ed una piccola partita in cui vedere applicato quanto esercitato è una impresa ardua se non impossibile, soprattutto se il gruppo è eterogeneo e numeroso (20 persone !). Continua a leggere

Frustrazioni e progressi “invisibili”

La squadra è frustrata, alcuni giocatori dubbiosi, altri un po’ depressi.

Già, l’avventura, essendo tale, non ha per niente i tratti della facilità.

Lavorando sui fondamentali sono arrivato al punto di far crollare alcune certezze che molti dei giocatori avevano: convinzione di sapere palleggiare o di saper tirare: convinzione tutta loro visto che i risultati visibili ad occhio nudo e nei risultati delle scorse stagioni parlano di tutt’altro.

Alcuni esempi: un giocatore ha un tiro che lascia partire praticamente dl petto: un tiro che quando è “scoccato” con avversari veri e non con compagni di squadra, o con i ragazzi della serie D della nostra società, viene frequentemente stoppato.
Difficile, avendo 20 anni, togliere questa tara, rassicurarlo, convincerlo ad investire in un movimento, quello corretto, che gli sembrerà sempre macchinoso da digerire e poco produttivo visto gli zero canestri realizzati con il nuovo movimento da eseguire. Preciso che il suo tiro non è realmente redditizio come lui crede (diciamo circa un 30% dalla distanza 2 punti) e che quindi sostengo sia conveniente destrutturarlo per ricostruirlo.

Sono arrivati due nuovi playmaker e chi rivestiva (a mio modesto parere non proprio correttamente) quel ruolo si sente “derubato” ed insicuro avendo anche visto che negli 1 contro 1 perde spesso il possesso palla: segno che il proprio palleggio non era poi così buono e sicuro.

Ho impostato uno schema che prevede, da una partenza di “5 fuori” con due pseudo giocatori lunghi sotto canestro, dei blocchi orizzontali e la ricerca di una ricezione palla in post basso: taglio del playmaker subito dopo aver spostato la palla in ala, gioco a due con pivot ed esterno se la palla non scende in post basso: sarà proprio il post basso a salire e bloccare per gioco un pick&roll con l’ala. Continua a leggere

Squadra nuova, vita nuova

E così arriva il momento in cui la proposta che vi hanno fatto pende forma e consistenza, il momento in cui il discorso del presidente, dopo la firma di un contratto, piccolo o grande che questo sia, vi introdurrà alla squadra, seduta lì, in panchina, fra scetticismo, emozione, presunzione speranze e nervosismo di varia natura (compreso il vostro).

Già, squadra nuova, vita nuova.
Credo personalmente sia piuttosto inutile fare discorsi o proclami fatta eccezione per  i ringraziamenti di rito per l’occasione avuta dal presidente e la certezza nella collaborazione ed impegno della squadra. La mia fortuna è stata quella di avere in affidamento una squadra di cui conoscevo qualche giocatore, ma a parte questo, buio totale. Continua a leggere

Simbologie

Ogni piano di allenamento, ogni schema, ogni esercizio può essere graficamente tradotto utilizzando un’appropriata simbologia di uso internazionale.

L’utilizzo della simbologia è essenziale nella preparazione dei piani di allenamento così come nella creazione degli schemi e degli esercizi:

Continua a leggere

Le differenti aree del sapere

L’insegnamento del basket, come ogni altra disciplina, non può prescindere dai concetti base del “sapere”, prima, e del “saper trasferire” poi.
Sommariamente potremmo suddividere la conoscenza e la capacità di trasferirla nell’allievo in 5 aree del sapere:

Saper essere: l’insieme delle norme comportamentali con cui l’allenatore deve dare l’esempio, la deontologia, valori umani e professionali come ad esempio la puntualità, la rettitudine morale ecc.

Sapere: l’insieme delle regole di gioco, la tecnica. Chi insegna qualcosa deve essere preparato (vale per tutte le discipline).

Saper fare: Il solo sapere non è sufficiente, bisogna anche saper fare che si traduce nella capacità di effettuare una corretta progettazione didattica ma, anche, di saper effettuare un esercizio (dimostrazione).Più in generale, l’allenatore deve sapere quali obiettivi si propone, in quanto tempo e con quali mezzi.
Questi tre elementi costituiscono la base per una buona didattica.

Saper far fare in campo:  Ai concetti visti si affianca quello di saper far fare in campo, l’allenatore deve programmare il proprio lavoro e poi deve essere in grado di metterlo in pratica attraverso adeguate modalità didattiche.

In ultimo deve verificare gli esercizi effettuati dai propri allievi, verificarne i movimenti che si prefigge di insegnare e far eseguire.

Saper comunicare: l’ ultimo concetto è saper comunicare, ricordarsi che l’allenatore allena uomini, persone con le quali si deve relazionare e con i quali deve parlare adeguatamente.

Deve essere in grado di instaurare un rapporto proficuo per far rendere il massimo dai propri giocatori, saper parlare, ma saper anche ascoltare e non solo relativamente a questione tecniche.

 L’organizzazione in campo: tutti gli allenamenti devono essere preparati con cura a partire dai concetti esposti precedentemente.  La preparazione deve prevedere anche la suddivisione del lavoro sul campo. I giochi e gli esercizi possono essere previsti per file (giocatori uno dietro l’altro) per righe (uno di fianco all’altro); in coppia, in singolo, a gruppi; su tutto il campo, a metà campo (di attacco o di difesa, o trasversale), su un quarto, su una porzione.
L’allenatore sceglierà di volta in volta quale disposizione attuare affinché l’esercizio possa essere effettuato negli spazi più consoni.

Un giocatore si deve saper muovere e deve saper giocare nello spazio e nel tempo; deve sapersi muovere mentre accade qualcos’altro di fondamentale nell’azione di gioco: un esempio è il corretto timing di attuazione di uno schema, l’uscire da un blocco e ricevere la palla con i piedi girati durante la ricezione della palla: piedi pronti e diretti a canestro.

Il giocatore deve sapersi muovere sul campo mantenendo la corretta spaziatura con i propri compagni di squadra, essere autonomo nel gioco ed avere iniziativa seppure è importante essere collaborativo con i compagni ed equilibrato sotto il profilo mentale, tattico e fisico: concetto di pallacanestro integrata.

Il passaggio dal minibasket al basket

Il momento di passaggio fra minibasket e basket rappresenta probabilmente uno dei momenti chiave nell’evoluzione di un atleta ed è infatti nel corso di questa transizione che viene rilevato il maggior numero di abbandoni spontanei.

E’ ragionevole credere che nella grossa percentuale di  abbandoni sia compreso un considerevole numero di potenziali atleti di rilievo che non verranno purtroppo mai scoperti e che questa problematica rappresenti probabilmente la prima causa della bassa percentuale di talenti espressi.

  Continua a leggere

La metodologia di insegnamento delle tecniche sportive

La metodologia è una disciplina che studia ed analizza le dinamiche e le strategie di insegnamento e di apprendimento.
Nel contesto generale delle discipline sportive l’allenatore può essere considerato un insegnante in senso lato, ed è da considerarsi tale al di là della disciplina sportiva di propria competenza.

E’ chiaro però che il suo compito specifico sia comunque correlato all’insegnamento delle tecniche dei movimenti tipici della disciplina sportiva da insegnare.

Un allenatore in grado di applicare le corrette metodologie di insegnamento sarà in grado di  distinguere le varie condizioni personali dei propri atleti così da poter progettare un lavoro di insieme mirato contemporaneamente al miglioramento del gruppo e del singolo atleta nel caso in cui questo abbia capacità inferiori alla media del gruppo.

E’ ragionevole credere infatti che solo attraverso un corretto bilanciamento dei carichi di lavoro, e dell’accurata programmazione, l’allenatore possa riuscire a migliorare il livello generale degli atleti.

Ogni singolo, a maggior ragione se giovane oppure alle prime esperienze sportive, dovrà essere sufficientemente motivato e costantemente stimolato dall’allenatore. E’ molto importante creare un ambiente ed un clima sportivo favorevole alla gestione del gruppo. Va ad esempio tenuto conto, proprio in quest’ottica, che gli atleti giovani si avvicinano ad uno sport prima di tutto a scopo ludico ed al contempo con l’obiettivo di stare insieme agli amici. E’ molto frequente infatti che un atleta giovane abbandoni una disciplina sportiva a causa dell’ambiente che lo circonda piuttosto che per motivi tecnici.

Continua a leggere