Cronache di un corso FIP

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Giorno 1
Tutto mi ricorda molto il servizio di leva militare.

Si parte con gente della tua zona, della tua regione almeno: si arriva, c’è il processo della vestizione, della consegna di tutto il materiale insomma e la costante è che le taglie sono comunque tutte sballate. Poi ti tocca sistemare tutto nell’armadio, poi conosci meglio il compagno di camera che qui almeno è uno solo. Funziona tutto ad istruzioni impartite ed in qualche modo con uniformi da vestire. Si fa la coda in ordine alfabetico per tutto. Tutto. Si, è come in caserma, ne sono convinto.
Giorno 2
È sempre più servizio di leva. Ti svegli alle 6, mangi solo se sono arrivati tutti, mangi poco e male, lavori tutto il giorno ed appena hai 2 minuti cerchi di riposare o dormire.
I più anziani sono i più organizzati, ordinati e puntuali, si vede ad occhio e subito. Io sono fra loro, le nuove leve invece sono sciatte e disordinate.
Sorpresa! Il campo è a 4 km e noi siamo venuti in treno: avrebbero potuto avvisarci prima ma la federazione è così: del resto ci hanno chiesto le taglie per il vestiario e poi ce le hanno date tutte sbagliate.
“C” è un ex professionista ora “vecchiotto” anche per scelta. Ci insegna tutto, anche a pisciare.
Ma tutto questo secondo lui, ovvio, che è un uomo buono e generoso anche se a volte è troppo convinto d’avere in tasca tutta la verità. Ha avuto operazioni a tendine di Achille e legamenti, è alto più di 2 m e nel letto non c’entro nemmeno io; penso a come lui non riesca a dormire. È buono e da consigli a tutti ma alla fine nonostante il rispetto dei formatori per lui, a tratti, più che meno preparato di noi pare meno avvezzo a tutte quelle pratiche e fissazioni che invece sono richieste dalla federazione (Che si atteggia sempre più ad una setta).
La strada per il campo è assolata e deserta, resiste solo una prostituta sempre intenta a mettersi su la crema protettiva. Sulla strada del ritorno, alla sera, noto che di sfondo alla strada appena riasfaltata c’è un mostruoso agglomerato di case popolari, proprio lì appena lasciato il palazzetto che è di serie A e ci gioca Brindisi, ma che dal vero è deludente come la cucina di questo posto: quando arrivi ti ammalia con la piscina ed il verde che sono entrambi più piccoli, e di molto, di quello che si era visto in foto sul sito web.
Nel silenzio dei pochi minuti di pausa dopo pranzo, preparando il piano allenamenti, Jacopo dall’altra stanza, parla a voce alta dell’assoluta necessità di inclusione del prosciutto cotto nell’insalata di riso che abbiamo appena mangiato. Seguono bestemmie in dialetto viterbese.

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