Il temporale

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Loretta per lui era  come un temporale.

Arrivava e se ne andava facendo un gran rumore.

Arrivava lasciandolo lì a contare i danni, ad asciugarsi oppure a godersi la pioggia forte, da ascoltare ballandoci sotto.

Dava e poi toglieva. Dava di colpo e toglieva altrettanto.

Distorceva il suo umore nel bene e nel male: a volte avrebbe voluto gridarle che era stata sorda e cieca ai i suoi problemi. Problemi che di fatto erano sempre passati in secondo piano e che lui, si, proprio lui, era invece rimasto sempre lo stesso che nei sabato mattina era corso da lei ad occhi chiusi, mollando tutto. lui era rimasto sempre lo stesso che le aveva risposto al telefono solo per quattro risate o per provare a convincerla teorizzando, ridendo, sorprendendola con iperboli di parole.

Ora lui per lui era diverso ed aveva ricominciato a sentirsi solo, a trattenere parole, a sentirsi la bocca affollata di parole. Senza starci male, solo cullando un’idea di rassegnazione visto che lei non era la sola a sentirlo senza ascoltarlo.

Lui invece nell’ansia di imparare la vita ascoltava i discorsi nel metrò: per il gusto di curiosare nelle vite degli altri, di giocare ad immedesimarsi, per mettere via ed archiviare qualcosa di utile da dire, raccontare, imparare e rivendere.

Disperatamente parole. A manovella, a pioggia, a cascata. Da vomitare, sentire e dire: parole per attrarre e sentirsi in qualche maniera contenuto in una donna, magari, a forma di scatola perfetta per lui.

Loretta lo era a suo modo, ma abbandonandolo poi. E lui continuava a chiedersi se fosse lei a fingere o se fosse invece lui stesso ad averla etichettata troppo facilmente un’amica prima ed una scatola perfetta poi.

Aveva ricominciato a non dire, a sentirsi solo, a considerare impossibile spiegarsi, essere capiti. L’incomunicabilità era per lui, per lei, per ognuno.

Loretta andava e veniva con un gran rumore: proprio come un temporale.

Era stupidamente felice all’arrivo della poggia, dopo un periodo di siccità, così come però andava bestemmiando per la troppa pioggia, quanto lei s’affannava a parlare di se ignorando, sorridendo e coccolandolo a suo modo, mentre lui blaterava dei bisogni che lo tormentavano.

Decise che non le avrebbe più parlato, che non lo avrebbe fatto “davvero” insomma.

Soprattutto di quegli anni d’ estate in Sicilia.

Massimo

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