Betulla

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Il dopobarba alla betulla mi invade all’improvviso mentre stendo la crema molto liquida sul viso appena rasato.

E’ mattina, non è presto eppure ho un sonno atavico; sono soddisfatto della mia rasatura, delle linee della mia barba. Meno del fatto che ormai è imbiancata del tutto. Non è più “sale e pepe”, ma proprio bianca, quasi del tutto. A nemmeno 44 anni.

L’odore di linfa, di albero e natura, mi fa pensare a certi posti al centro della Finlandia; la radio intanto parlotta calma e non ne capisco le parole per colpa del volume e del rumore dell’acqua corrente; così è come se fossi all’estero appunto, ascolto le notizie, poi esco lento. Mi sento bene, tutto potrebbe andare sempre così se questa società, se la cultura popolare, nazionale, se al lavoro, se tutti si comportassero coerentemente, correttamente, “sportivamente”. Questo paese, invece, è finito secondo me.

Abbiamo aperto un fondo investimento perché vorrei che le bambine studiassero all’estero, ad Helsinki ad esempio: è bene pensarci ora che mancano anni, non abbiamo una capacità di risparmio cosi grande così che ci voglia tempo, che scorra lento, come la voce calma che ho sentito alla radio poco prima di uscire.

Guido piano, c’è poco traffico penso, ma non è vero, è solo che voglio immaginarmi lassù con l’aria che mi rinfresca il viso; mi aiuto guidando e prendendo vento sul viso, vento che per via della crema alla linfa verde di betulla risulta fresco come certe mattine d’estate su al nord in Finlandia. La strada è asciutta, apro il gas, sorrido, curvo lento ma tanto, pennello traiettorie e mi manca la moto.

Stasera allenamenti, è venerdì, domani torno a casa, coccole a baci appiccicosi, giocheremo sul tappeto: una giornata in tuta ma senza campo da basket, la pizza alla sera: è tutta qui allora la vita? Forse si e va bene così; m manca una casa in campagna forse, spazio e silenzio ulteriore, un caminetto ed una sedia comoda e vecchia per leggere piano, come faccio al mattino con le lettere di Seneca.

Vorrei ci abituassimo a quel tipo di rispetto per l’ambiente, quella solitudine serena, quell’autosufficienza naturale, alle passeggiate nel bosco.
mi sento in colpa per il tempo che col basket sottraggo alla famiglia: è un lavoro però, qualche soldo, e mi identifica, non vorrei mollarlo per questo. eppure mi sento sempre più stanco nelle notti da solo a Roma, a volte distante colpevole, specie se le cose in campo non filano come dovrebbero.

Una soluzione non ce l’ho e mi rifugio ancora immaginandoci su con la notte polare oppure a latitudini più comuni ma comunque in Finlandia.

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