Jet-Lag

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jet lag airport

E’ mattina, scendo barcollando dalle scale di casa. Ho un jat-lag da astronauta: è effetto del viaggio di ritorno, delle notti fino alle 3 in piedi, del vino rosso che fa caldo.

Il buongiorno è scoprire che mi hanno rubato lo stemma della mia povera macchina, un furto che fa molto anni 80, un po sticazzi, un po mi rode pure se ha 10 anni e se al parcheggio della metro ogni giorno scopro un nuovo graffio o piccolo bozzo effetto di chi sbadatamente sale aprendo lo sportello sul mio.

In metro quello seduto vicino a me puzza di prosciutto cotto, non so perché, non è possibile, continuo a dirmi, ma è così, si sente e mi chiedo che diavolo di lavoro faccia, dove abiti.

Davanti una tipa con le scarpe aperte ed i piedi sporchi, impolverati, neri da fare schifo: a sto punto meglio io, rincoglionito dal sonno.

Il basket è iniziato con gli allenamenti da preparare, i problemi di ogni anno. Pessimismo e fastidio sommate a mezza tonnellata di e-mail da leggere

Ancora qualche w.e. libero, le foto da sistemare, il sole in faccia se non è forte.
La gente vuota mi chiede perché non sono abbronzato ed io rispondo che ho l’abbronzatura da viaggiatore, quella a maniche e pantaloni corti, quella che ti fa bianco bianco altrove, abbronzato solo a metà, ridicolo ma felice, quella che te ti fa guardare con un misto pena e fastidio tutti quelli che si sento belli e soddisfatti per il loro colorito nocciola, rimediato sulla costa del sud-lazio, al massimo, dove il mare è più blu, traffico permettendo, spendendo la stessa cifra che avrebbero speso per un viaggio oltreoceano dove però poi “…e per la lingua?”

“eh… , il mare della Sardegna”. “Si vabbè ma sei mai stato a Sperlonga”?  “non poi capì che bella la Puglia”

E’ settembre.
Ogni anno.

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