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Attentato-Parigi

Roma è ostaggio di allarmismi derivanti dai fatti di Parigi di venerdì scorso. La metro va a singhiozzi e c’è polizia ovunque, militari che paiono così giovani ed inesperti che guardandoli non sai mai se il pericolo siano gli attentati od i loro venti anni abbinati al fucile che cullano in braccio.

Ancora un’attentato islamico e centinaia di vittime colpevoli solo di essere “infedeli”, di essere usciti a vivere il loro venerdì, chi in teatro, chi al ristorante. In tv siamo ostaggi della retorica d’assalto che insiste ad insegnarci banalità del tipo “non sono tutti così”.Continuo a credere che sia vero ma che allo stesso tempo non si voglia ammettere che c’è un unico terrorismo che agisce internazionalmente inneggiando ad una religione e che i fedeli non coinvolti in questi estremisti non facciano nulla per espellere o far perdere appoggi logistici e morali agli estremisti. Succede nella banalità di uno stadio dove i tifosi veri cacciano, insultano e denunciano i falsi tifosi, i violenti, finendo, di fatto, per accerchiarli e farli scomparire: di massa, contro pochi, funziona, sempre.

Ma proprio allo stadio ultimamente, invece, accade il contrario: da venerdì 13/11/2015 ad oggi in ogni evento sportivo, comprese le mie partite di pallacanestro si è osservato un minuto di silenzio. Tifosi turchi, durante una partita di calcio contro la Grecia, hanno fischiato ed inneggiato al loro Dio durante il minuto di silenzio. Ecco, non sono tutti così, non sono tutti terroristi, alcuni sono semplicemente estremisti non violenti, maleducati, ignoranti.
Ma non va detto, altrimenti poi qualcuno si offende o si offende per conto di qualcun’ altro  che gli è amico o parente.

Siamo un popolo attento a tutti meno che a noi stessi, alla nostra identità, alla nostra tradizione e perché no poi alle nostre “preferenze”. Preferenze che potrebbero essere anche più marcate a dispetto di un eccessivo liberismo che pare essere una nuova anarchia. Non sto qui a pontificare soluzioni né a suggerire guerre che sempre vanno fuggite. Sto qui a parlare di un equilibrio, una resistenza alla psicosi collettiva scoppiata per ogni busta di carta lasciata in banchina, per la quale segue poi la regolare chiamata agli artificieri.
Così siamo davvero siamo tutti ostaggi, così il terrorismo ha colpito nel segno e senza fare morti. Adesso che tutto pare impedito, che Roma è più vuota di sera, come sabato scorso, allora il terrorismo ha vinto.
Ora che i miei giocatori non prendono treni per venire alle partite per paura degli attentati il terrorismo, e forse prima ancora la ragione, hanno vinto: un attentato sul treno che va a Velletri, oh si, vi immaginate come possa far clamore, come sia da anni progettato dai terroristi di ogni dove?

Gente che “allora prendo la macchina“, ma poi evidentemente la gente non sa guidare ed il traffico aumenta, gli incidenti peggio che mai. E così siamo ostaggi ed il terrorismo ha già vinto su mezza Europa impegnata con i suoi politicanti a tavole rotonde dove girano discorsi retorici su chiusure, revisioni, ostracismi, ostruzionismi, censure, controlli e limitazioni. Non stiamo facendo le azioni che vorremmo fare, non stiamo dicendo quello che vorremmo dire: forse il vero terrorismo è questo effetto rilevato a valle più che l’azione di uccidere che sta a monte.
Solo la Svezia ha deciso di non vendere armi ad alcuni paesi, ed è già un passo avanti che sarebbe stato migliore se avesse scelto di non venderle più del tutto. Ma la notizia passa in secondo piano perché c’è un nuovo allarme bomba in metropolitana qui a Roma, risolto poi con la scoperta che dentro il sacchetto di McDonald’s non c’era nessuna bomba a parte quella calorica di un hamburger venduto a 0,99 € che tante volte ho mangiato sui vagoni andando verso il campo a basket.

Parigi è ferita, il suo governo sgancia bombe su Raqqua, capitale dell’autoproclamato stato islamico: causa altri morti innocenti ed io non so reggere più il peso dei discorsi da bar sulle armi vendute, sulle religioni tutte buone o tutte cattive e mi estraneo pensando che non mi è mai andato giù che Rocky ed Apollo durante la serie di film siano diventati amici. Non è credibile e mi disturba: tutte le volte riguardo quei film apprezzandoli e poi finendo per odiarli per questo. Ieri ho notato che in Rocky 3 la moglie di Rocky, Adriana, ha una svolta estetica che si deduce dal fatto che cambia smalto più volte e che tutto questo è più notabile di “cacciamoli tutti”, “io ho un amico musulmano che è bravissimo“.

Nessuno s’è accorto che Rai 3 sta trasmettendo tutti i film su Rocky Balboa ma che li trasmette tagliando moltissime scene e penso che alla gente non importi più nulla, che si sia appiattita e che non sappia più riconoscere nemmeno l’arte di film e musica che hanno segnato epoche, svolte. Così tempo fa mi dicevano “ah, si, la canzone dello della spot Mercedes“: ma  quella è Etta James, renditi conto, cazzo! C’è gente che usa Shazam per riconoscere canzoni che dovrebbero essere insegnate a scuola.

Io vorrei solo che a casa mia ci fosse penombra, una connessione wi-fi veloce per leggere le notizie di prima mattina, un odore di caffè appena fatto oppure un po stantio e vorrei ci fossero certe scatole di biscotti di latta, tipo quella che ho comprato ieri, con le foto di Roma vecchia, sparita.
Ho deciso che di quella scatola non scriverò più ed ho buttato quello che avevo appuntato in treno perché ho finito col  sentirmi stupido e perché m’ero sforzato di tirar fuori dei mie ricordi difficili da digerire, la rabbia per quella scatola, la rivincita di ieri, comprandola. Ma poi ho scelto, ho dovuto scegliere, questo comportamento da tartaruga.

I fatti di Parigi sono di quegli eventi a caratura mondiale, tipo l'”11 settembre”, l’attentato alle torri gemelle, che segano la storia dei paesi e della gente, che costituiscono riferimento temporale per la vita di ognuno di noi, che ci costringeranno ad una infinita coscienza, per fortuna, ad un ciclico ricordo: “mentre succedeva io stavo…
Quando un evento ti fa ricordare cosa stavi facendo in quel determinato momento in cui stava accadendo, quando ti accorgi che tanto più è preciso l’insulso ricordo di cosa stavi facendo “mentre“, allora capisci che l’evento di riferimento era davvero epocale, così forte ed importante da fissarti nella mente quegli istanti normalissimi che altrimenti non avresti mai ricordato.
Io ero a cena in pizzeria, posta allenamento e la squadra rumoreggiava all’altro tavolo: qualcosa di così comune e banale da essere un contraltare perfetto per quel delirio che intanto investiva Parigi, per quelle vite spezzate senza preavviso, senza alcun potere di opposizione.

Adesso tutto sembra cambiato e tv e giornali sono monotematici, adesso sembra un’allerta generale mentre io qui combatto per tenere la piccola casa con tutto quello che contiene a livello di fatica, di lavori fatti in prima persona da me, di oggetti che significano storia e ricordi, angoli impregnati di serate, sigarette, musica e quella sensazione di rifugio quando fa fuori freddo, quando rientro in moto e le ginocchia mi fanno male. Adesso sento di nuovo dentro quell’orribile senso di distacco, quel dover essere pronto ad andare, abbandonare, rinunciare e no, non sono pronto.
Adesso sento di nuovo il senso spietato di perdere qualcosa di proprio.

Passo ore a pensare ad oggetti e situazioni, microscopiche ma dolci abitudini. Socchiudo gli occhi sul treno e veloci mi passano le diapositive, immagini che includono perfino le stoviglie, le copertine degli album della musica, il salottino buio, la luce colorata, le notti passate a scrivere.

Ecco anche perché lo scorso periodo di silenzio. Tutto questo misto ai problemi di lavoro che poi non si sono ancora risolti. Sono in bilico col contratto e con le decisione rispetto alla casa, decisione che in piccola parte dipende da me e che in grossa parte dipende da assurde logiche bancarie che mai troveranno spiegazione logiche, decisioni  che rappresentano non solo il fallimento, il castello di carta di un sistema creditizio, ma una farsa sociale, una sconfitta generazionale, un’intollerabile ed ingiusto affronto verso chi lavora, da sempre paga, cerca di costruire, mantenere.

Costruire, mantenere, distruggere: come le 3 manifestazioni di Dio, per rimanere in tema di religioni, della trimurti indiana.

 

 

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