Autonomia unica via

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autonomia

Stamattina  io e Claudia abbiamo parlato di autonomia.

Autonomia personale, autonomia emozionale, emotiva.

In senso lato potremmo definirla come l’agire secondo una propria legge di ragione, come il comportarsi al netto di fattori ed influenze esterne, l’ essere indipendenti nella pratica sapendo provvedere a se stessi, ai propri bisogni.
Ma il livello, va da se, è quello più specificatamente operativo, pratico, piuttosto che emotivo ed emozionale.
Sotto questo punto di vista invece l’autonomia è il saper vivere le proprie emozioni liberamente, al netto del sistema in cui si è immersi, della struttura sociale in cui si è inclusi; vivere i propri bisogni emotivi senza lasciarsi condizionare dalla proiezione degli effetti che una propria azione, o più nel microscopico, di un’espressione o delle parole usate, avrebbero sulle  altre persone, che siano direttamente od indirettamente coinvolte.

Autonomia in una copia: essere se stessi, mantenere un io nel “noi” di una coppia. Non avere un’immagine di se solo nella coppia, solo in virtù delle dinamiche di coppia.
Il concetto di autonomia nel campo relazionale, emotivo, include quindi, partendo da più lontano, l’accettazione del proprio modo di essere e prima ancora la capacità di isolamento di tutte quelle sensazioni e stati d’animo che portano alla comprensione di ciò che si desidera e poi all’identificazione dell’azione da perseguire, appunto, al netto dell’influenza di fattori esterni. Con l’io inizia il noi, la coppia, ammesso si sia saputo identificare se stessi al netto del concetto di coppia, al di fuori dell’esperienza di coppia.
Il che, evitando di banalizzare, è infinitamente differente dall’agire essendo indifferente alle reazioni altrui. Il fatto estremamente riassunto è “agire” senza proiettare, immaginare senza reali basi, le reazioni altrui, pur dovendo e volendo poi prenderne atto.

Il che significa ascoltarsi, essere e sentire al netto della coppia, a prescindere.

Tutti aspetti e sfumature di un’autonomia da ricercare per riguadagnare se stessi, per investire e per costruire un “noi”, chissà dove, chissà quando, chissà quanto e con chi.

Il naso puntato sul vocabolario mi aiuta spesso e cerco parole già sapute, altre che vanno invece indagate dietro la brace puntuta di una sigaretta respirata frettolosamente.
Ci ho ripensato, tranquillizzato dal suono sgangherato del chitarrista del metrò: “my way” per ricominciare una giornata già iniziata.
L’odore di cloro, ogni mercoledì mattina, passando davanti alla fontana del Mosé ridicolo, mi sferza come i sali che fanno rinvenire le persone svenute nei film a sceneggiatura stereotipata.

Stamattina il pizzicore del cloro, su nel naso, mi ha aiutato a mettere a fuoco i concetti di autonomia e su quanto ancora mi sia necessario lavorarci.
Per riuscire ad applicarli quindi, per vederli applicati con e dalle persone che vorrei, invece, temo, ora come ora, non basterebbe il cloro di ogni mercoledì.

 

 

 

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