Andrea

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Ieri sera abbiamo vinto.

60 – 79

Ho rivisto il campo così come mi piace, quando le grida sono esaurite, quando è vuoto, le luci si stanno per spegnere e tu sei lì che ti rigiochi la partita, ripensi alle sostituzioni, i time-out, agli scarabocchi sulla lavagnetta.
Ho rivisto il campo mentre tutti sono ancora sotto la doccia, al centro del campo, riavvolgi il nastro ed il campo ha un odore che non ha in nessun altro caso, un odore che poi è simile a quello che ha quando ci arrivi presto e la luce è ancora spenta, quando i canestri dormono, le gradinate riposano, i palloni sono là nella cesta, rintanati.

23.00 Cena da Mc Donald’s, come avessimo 15 anni.
Andrea è venuto con suo padre. Continua a leggere….

Emozioni al semaforo

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Tutte le volte penso che non ce la faccia, che è impossibile, troppo.

Ogni volta penso che”no, daaaaaai, così è davvero troppo”.

E guardo indietro mentre sono fermo con la moto oltre la linea d’arresto, al semaforo rosso.

Il lavavetri lava, appunto,insistendo con un automobilista rassegnato.

Ed è lì fermo che insapona, lento, ed è già rosso da un po’, perché  ci ha messo comunque del tempo per insistere e poi iniziare. Continua a leggere….

Rifugiarsi

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Si erano rifugiati nelle loro vite.

Lui, lei, senza dirlo ne farlo consapevolmente.

Chiuso nel bavero, al ritorno dal lavoro, sbadigliava nella pancia del serpente di ferro.
Il metrò serpeggiava fra le curve della galleria così come i suoi pensieri, da ascoltare fra se e se col sottofondo dell’ennesimo violino gracchiante: l’ambulante di turno.

Rassicurante, questo pensava. Era rassicurante essere organizzati, ordinati: il lavoro, le scarpe, la casa, il “da fare”.

Organizzare lo costringeva a fare, lo impegnava ed in qualche maniera riusciva a farlo sentire svanito, come con un vino forte, che acceca di forza, che regala una falsa amnesia.
Non pensare: facendo, organizzando.
Alla fine la sua vita era perfetta, pensava; organizzata appunto, impegnata. Non mancava niente, nessuno, se non se stesso, quello vero.

Bugie, come al solito, come era abituato a dire, senza alcun bisogno, come quasi a doversi tenere allenato. Bugie a prescindere, anche a colleghi, rispetto alla sera prima, al pomeriggio ed il da fare fuori d’ufficio. Senza motivo, per non dare riferimenti, ragioni, o forse davvero per allenarsi all’infrastruttura della bugia, alle correlazioni di cui le bugie hanno bisogno per stare in piedi.
Mentirsi  però durava qualche ora, forse giorni, per poi tornare a tormentare. Si sorprendeva a mormorare parole improvvisate quando un pensiero capace di metterlo a disagio lo coglieva.
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Distorsioni suburbane: Forced,Nico e vigili (in)urbani

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E’ pomeriggio.

Un pomeriggio noioso e laborioso quando via Skype  irrompe  il Gianvi  segnalando un video in grado di azzerare la voglia di fare (se mai ieri si fosse in effetti palesata).

Dopo una multa rimediata per divieto di sosta causa parcheggio moto su marciapiede ammetto di avere almeno sorriso.

Vorrei ringraziare l’ennesimo “precisetto” del quartiere che noncurante dello sciopero mezzi di trasporto e del traffico selvaggio di ieri ha deciso di chiamare comunque i vigili urbani per risolvere questa piaga sociale: persone che non avendo parcheggi delimitati sulla carreggiata (o vedendoli occupati dalle impunite automobili) decidono di parcheggiare sui marciapiedi accostando la moto al muro per non dare noia ai passanti.

Ottimo l’intervento dei tutori del codice della strada: grande elasticità mentale visto che multano tutti fatta eccezione per le Smart parcheggiate in diagonale e che ignorano gli scooter e le auto abbandonate:  prendendone atto, infatti, dovrebbero poi lavorare per farli rimuovere e segnalare il ritrovamento…
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Aspettare

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Aspetto di prendere sonno, mi giro nel letto.

Aspetto. Soltanto.

Aspetto che mi senta apposto, che arrivi il sonno, che il giorno sia distante.

Ho aspettato che la birra facesse effetto, poco fa, che fungesse da anestesia leggera, amnesia temporanea; la seconda invece l’ho bevuta aspettando che la prima..

Aspettare che la sveglia suoni, come quando ti sei svegliato qualche attimo “prima che” e non sai se dovrai esser triste oppure no.

Che il blog, questo blog, prenda vita: aspettare di finire di scrivere, aspettare l’idea buona, il coraggio di chiudere gli altri progetti, di riprendere in mano vecchie e nuove storie.
Aspettare il coraggio dimettere un punto, quel punto…

Ed allora aspetto, rimando, temporeggio.
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