“Ma piove piove”

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https://venti-trenta.it

Piove, è bellissimo e delicato come l’odore delle bambine che al mattino saltano sul letto con i loro gridolini e sorrisi intimiditi. Spero sempre riconoscano il mio odore come io riconoscevo quello di mio padre, lo stesso odore che sentivo dalla sua camicia a maniche corte appesa all’ingresso. La luce della lampada sulla scrivania inquadra un disordine di progetti spezzati, altri messi in pausa, una valanga di carta da leggere e scrivere. Mentre picchio sui tasti penso all’autunno in Finlandia, alla pace di quei posti al silenzio, alla estrema vivibilità che qui, invece, pare non esistere più. Siamo accerchiati da stronzi saccenti così che ogni mattina sia faticoso uscire di casa; siamo avvelenati dal complesso di superiorità mescolato al rifiuto per il lavoro vero. Continua a leggere….

25 Settembre, votiamo

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Ecco, ci siamo, il 25/09/2022 voteremo.

A valle, quasi, di una pandemia che interessa il nostro paese da più di 2 anni, durante una guerra in ucraina che ci rattrista visto che per interessi economici nessuno dei paesi sedicenti civili sta facendo nulla, il nostro governo è caduto dopo le schermaglie puerili di questo o quel politicante.

Disillusione totale, idee zero.

Ci sono crisi economica, climatica, ideologica: nessuno ha presentato un programma dove questi temi sono al centro. Ci si concentra su incredibili alleanze che rivelano disinteresse per le idee costituenti di un partito. E’ il concetto di partito che manca, il concetto di idea al quale invece prima si faceva fede.
Voterei un estremismo, vero, se esistesse, invece no, esistono solo accordi che finiscono per edulcorare ogni idea, per rendere inutile proclami e persone.

La forza di una idea, incrollabile, di un credo: non c’è più.
Siamo nell’epoca della tecnologia, esistono le prove, video, audio, scritte di proclami rinnegati del tutto, di accordi dichiarati come impossibili ed ora stretti. Che potremo attendere dal futuro? Perché questa gente prende voti? Come sperano di non essere scoperti?

Che cazzo di popolo siamo, convinti di far bene non chiedendo la fattura, rimediando uno “sconticino“? Che popolo siamo se il bar non fa lo scontrino, se il medico lavora in nero, se la gente rischia di morire nei cantieri edili lavorando in nero dopo anni di battaglie? Che cosa ci aspettiamo dal futuro se viviamo in un paese dove la gente si approfitta del prossimo, dove non si fa quello che è giusto ma solo quello che conviene? Continua a leggere….

Giustizia

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Giovanni Brusca condotto in carcere dopo la sua cattura, il 21 maggio 1996. ANSA / FRANCO LANNINO

Giovanni Brusca condotto in carcere dopo la sua cattura, il 21 maggio 1996.
ANSA / FRANCO LANNINO

 

Prima alcune morti sul lavoro, poi l’incidente in funivia provocato da incuria, dal mascherare difetti per poter comunque guadagnare, ora l’uscita di carcere di Brusca.

Il paese è assetato di giustizia, inneggia alla giusta pena, al rispetto delle regole.

Ebbene, le morti sul lavoro ci sono perché si investe poco in sicurezza, perché si accettano ruoli non propri, perché per andare veloci si modificano macchine, dispositivi, e lo si fa noncuranti…tanto che vuoi che succeda?

Noi siamo il paese che lavora in nero, che “conviene a tutti se senza fattura”, il paese che “tanto è sempre stato così”, che accetta a testa bassa, che non vuole cambiare. Il paese che poi, però si lamenta. Se gli ospedali e le scuole funzionano male è anche per questo, per le tasse non pagate.

Siamo il paese che giustifica, che omette, che perdona, che garantisce, salvo poi, appunto, volere la giusta pena, la giustizia a tutti i costi.
I sindacati proclamano sciopero nei prefestivi, solo di venerdì: che credibilità hanno? Sono i primi ad assumere secondo nepotismo, a tutelare chi non lavora.

E’ gravissimo che sia precipitata la cabina di una funivia la cui manutenzione, consapevolmente, era stata messa da parte, i cui freni di emergenza erano stati bloccati per evitare che scattassero impedendo, con quel guasto in essere, che la funivia procedesse, che facesse quindi guadagnare i gestori. Che scandalo, che rabbia, quante vittime! Si, ma siamo il paese che avrebbe protestato se, ad un controllo, si fossero licenziati tutti, denunciati gli altri, incarcerati i colpevoli: cosa avrebbero potuto fare? Il governo con le chiusure per la pandemia li ha affamati. Si sarebbe detto questo, o qualcosa del genere.

Giustizia, carcere a vita….

Oggi esce di galera Brusca, boss mafioso pentito, pluriomicida e si grida allo scandalo. Ma non siamo il paese che si atteggia a grande democrazia garantista, che critica la pena di morte? Brusca ha scontato la sua pena e nel rispetto della legge oggi esce di galera. Il nostro sistema non è volto alla rieducazione, alla garanzia, alla comprensione? Ed allora cosa andiamo cercando?

Perché non siamo in grado di essere coerenti? Perché i più continuano a fare quello che gli conviene e non quello che è giusto?

La fase 2: lo strappo

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cucire uno strappo

La fase 2.

Così chiamano questi giorni, la riapertura dopo le tante settimane di chiusura, di decreti e precauzioni. Su pressioni sociali e politiche il governo ha scelto, invero senza troppi dati, di riaprire tutte le attività ed il timore è appunto che i contagi tornino a salire.
Mi fa male che le pressioni ci siano state da più fronti nonostante gli innegabili molti aiuti varati dal governo, prescindendo dal credo politico. Mi fa male che il commercio, le logiche commerciali, quelle produttive, quelle dei guadagni, abbiano guidato le scelte.

Non i dati: le logiche economiche.

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Metafisica di una pandemia e del suo isolamento

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Questo è il tempo di aspettare.

Questo isolamento a causa della pandemia sta cambiando in molti i ritmi delle giornate e sta facendo apprezzare cose e persone che prima venivano date per scontati. Gesti quotidiani come fare la spesa o salutare qualcuno per strada, andare a trovare un amico, sono diventati dei ricordi e dopo circa 40 giorni per i più ligi al dovere, posso dire che alcuni aspetti arrivano a sembrare ricordi di qualcosa di molto più lontano e nostalgico.
Ci stupiremo a ricordare le lunghe file al supermarket, i capelli lunghi e fuori colore di alcuni, le molte videochiamate, l’accelerazione tecnologica imposta dal virus in pochi giorni e non dalla pubblica ragione in tanti anni. Ricorderemo la bellezza ipotetica e non fruibile delle città vuote, specie come Roma, del silenzio estremo che nemmeno la notte ci offre, di fotografie che non potremo mai scattare non essendo liberi di andare a godere del fatto di essere liberi e soli. Un dolce amaro paradosso. Continua a leggere….

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