Calma

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A Roma c’è un vento che non fa il paio con il maggio che ti aspetteresti.

Passeggio comunque al sole caldo di dopo pranzo e mi piace farlo in quelle strade appena fuori dalla confusione della stazione centrale.

La calma di queste vie diventate ormai una fusione imperscrutabile fra vecchia città e localini tradizionali, nuove scalcinate botteghe, coinvolte in infiniti lavori di ammodernamento portati avanti da persone di ogni razza che provano a radicarsi, impiantare un commercio quasi sempre diretto ai loro stessi conterranei per un discorso che mi fa comprendere ancora di più che una vera integrazione è ancora lontana decenni, che si continuano a creare ghetti per volere stesso dei ghettizzati.
E’ giusto che si mantengano le distane culturali, che ci si mescoli per poi tornare “in proprio”: le tradizioni, le cucine, le religioni.

Seduti sui secchi di vernice bevono tè o parlano tranquilli: senza tempo è qualcosa al quale non siamo abituati. Quelle chiacchiere svagate, quei loro lunghi silenzi in un ambiente disadorno, in preparazione per future attività, mi porta ad una calma che non riconosco più, che era propria dei pomeriggi di fine maggio, da bambino, quando la fine della scuola incombeva e nel vecchio cortile sotto casa potevo giocare più ore. Continua a leggere….

Ordinare

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bar via Magenta, Roma (foto da google maps)

bar via Magenta, Roma (foto da Google maps)

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Oggi ho ordinato un caffè commosso, un caffè che è diverso da quello macchiato, da quello corretto.

Si, perché al bar era l’ultimo giorno.
Così ho fatto colazione pure se l’avevo già fatta a casa, tanto per salutare tutti con poche parole.
La vecchia signora alla cassa m’ha sorriso come al solito e m’ha chiesto se sapessi che sarebbe stato l’ultimo giorno.
” e lo so sì signò!” Forse stamattina ho tardato ad uscire da casa anche per questo.
Ho risposto di si e parlato per poco, per dire che a volte un cambiamento, per quanto difficile, è necessario, che ci vuole coraggio, che lo so, perché ci sono passato.
Le ho detto che li ammiro e le ho augurato buona fortuna mentre gli occhi si lucidavano e continuavamo a guardarci da un lato all’altro del bancone.
Stupiti tutti e 4 (madre, padre e figlio, la famiglia di gestori), del rapporto che s’era creato senza che nessuno sapesse molto dell’altro siamo riusciti a dirci poco ma sono sicuro a capirci molto.

Impacchettare, ordinare, chiudere, andare: significa avere appunto coraggio, resistere agli attacchi di rabbia, sconforto, all’orda dei ricordi che sembrano tessere impazzite di un mosaico che consoci, di un’immagine in quel momento impossibile da fissare: giorno per giorno,la tua vita.

Come al solito il bar è teatro di ricordi.
Pure stavolta se ne va un pezzo di Roma com’era una volta, di Roma come ce la ricordiamo noi figli di mignotta innamorati .

“Bòna fortuna!”, e sono uscito senza girarmi più.

 

Eur (Palasport)

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eur palasport 2

Ci sono certe zone di Roma che odorano di niente.

Tipo fra viale Europa e viale America dove gli altisonanti nomi della toponomastica si abbinano a depressione urbanistica, a quartieri dormitorio dove la sera tutto è spento e vuoto. Queste zone sono fatte di ministeri, grossi edifici che riposano come anziani pachidermi silenziosi.

Qui ci si capita solo per lavoro, come me stamattina. Qui ci incontri di quella gente che alle 10 di mattina non so come né perché, porta a spasso il cane mentre parla al telefono. Indossano dei cappelli di lana, orribili; cappelli che sicuramente gli danno prurito sulla fronte e che io non saperei sopportare. Io gli cammino sempre dietro dietro perché cerco di capire ascoltando la loro conversazione ma poi capisco sempre che questi qui c’hanno i soldi e pensano che li si viva bene.
Io anche oggi ero in anticipo: mi piace girare per le strade, conoscere le zone, sentire certe dinamiche e problemi dei negozianti del posto, vedere quella tale zona o l’altra che edicole ha, se c’è un bravo calzolaio del quale a volte vado anche chiedendo senza motivo.

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Tornei, sabati. 

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Sono le 4.30, il parcheggio è vuoto ed una sigaretta, fumata a bocca asciutta, mi penzola dalle labbra. 

Birra e gelato. Poi birra. I panini salsiccia e peroni, i gelati ad 1 euro per attrarre persone che poi non li comprano davvero, un basket proletario semplice e disperato.

La palestra piena di gente, il vociare di chi è là fuori, i gridolini di chi non ha mai visto nemmeno un canestro, figuriamoci tutte queste partite in una sola notte.

Chi non ci sta a perdere, qualche gomitata, i non arbitri, le partite vere che mi mancano e che appena parte la musica del riscaldamento mi fanno sentire bene.

Poi gli uccelli già svegli sugli alberi della mia via, rientrando a casa, un ricordo tagliente, la faccia impassibile da pesce, riflessa nello retrovisore centrale. Gian dorme, almeno a quest’ora. e mi sento più svuotato che stanco perché non posso chiamarlo per citare chissà che film. Continua a leggere….

Cortili

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Roma è cortili popolari, palazzoni e ragazzini che ci giocano.
Roma marciapiedi, è donne che parlano, gridando, da una finestra all’altra. Roma è una porta di calcio disegnata su un muro scalcinato, giocare finché  dal balcone non ti gridano “daje che è pronto !” Continua a leggere….

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