L’odore dell’India

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L’aeroporto é il posto degli abbracci.
È bello andarci quindi, fosse anche solo per questo.
Più che le stazioni, gli aeroporti, sono la patria mondiale dell’abbraccio. Le persone si aggirano indaffarate, insonnolite ed eccitate per un “dove” meno usuale di quello che il più delle volte riuscirebbe a regalarti un treno.

Roma,Amsterdam, nuova Delhi.
Klm e le hostess risolute che ci interrogano sulle procedure di emergenza (siamo seduti sui posti vicino le uscite) sono queste le prime immagini del viaggio.
Rispondiamo in un inglese arrugginito dal troppo tempo passato a casa e confermiamo che possiamo viaggiare lí, seduti un po’ più comodi e larghi: le mie ginocchia sono salve !!

Del primo tratto di viaggio va detto solo che nel breve scalo olandese ho notato gente che alle 9 di mattina beve birra nei pub aspettando il proprio volo mentre altri corrono nel piccolo casinò tentando una fortuna corteggiata troppo di fretta.

L’odore dell’India ci sorprende già al nuovo imbarco mentre aspettiamo il via mescolati fra le famiglie indiane, nascosti, col naso puntato fra le pagine delle nostre riviste.
Alcuni viaggiano con buste della spesa colme di pannolini e vestiti, altre evidentemente, di generi alimentari che riescono a smuovere appetito, curiosità ed a far vibrare narici.
Qualcuno usa un balsamo per la pelle e così il mentolo ci accompagna finché non siamo a bordo.

Le ore passano veloci fra musica e qualche chiacchiera col vicino di posto: la pelle color gianduia e quella inconfondibile pronuncia delle parole dette tutte veloci, con la lingua arrotolata.
Leggere e capire. Leggere ed immaginare, aspettare l’impatto, l’odore dell’India, appunto.
Forse non basterebbe un secolo e il sonno ci insegue: cosí sono poche le pagine che riesco a mettere in corpo.
Un popolo denso di storia e sofferenza, guerre, colonialismo, indipendenza e religioni così forti da modificare la vita terrena, promettendo solo quella nuova, dopo la morte.

All’arrivo ci sorprende Alessia ( amica da cui saremo ospiti stanotte) che ci incorona con collane di fiori intrecciati e ci guida fino alla macchina.
Da lì l’atmosfera e l’odore dell’India prende consistenza e ci aggredisce dai primi metri: un traffico caotico in cui trovano posto macilente mucche e camion arredati con gusto kitsch, dipinti a mano; un concerto sinfonico di clacson senza motivo, il concetto di senso di marcia completamente dimenticato.
Procedere contromano, sorpassare indifferentemente a destra e sinistra è purissima normalità.

Le strade sono piuttosto umide ed invase da sporco di vario genere.
Nulla di insostenibile: tutto a beneficio della curiosità.
Gli occhi biancastri e liquidi delle persone ai bordi della strada ci guardano passare mente io perdo i miei nelle piccole baracche, negli incroci attraversati, nei vestiti colorati e nel disordine dell’abbandono più totale di alcuni scorci già cementati nel cervello.

Non penso che a domani, al giro in città, all’inizio vero del viaggio.
Siamo nella stagione delle piogge e so che qualcuno è preoccupato per l’alluvione del Rajasthan di cui ha parlato il Tg in Italia
Qui pare tutto tranquillo ma è ovvio che terremo d’occhio le previsioni meteo visto che il nostro giro attraversa proprio questo stato.

Nessuna foto da inviare per ora ( curiosi eh) e…no Federica, non so come funzionino gli ospedali qui.
Spero non servano, ecco tutto e sorrido pensando che se foste stati qui con noi il sacchetto dei medicinali portati non ti avrebbe resa serena.

È un peccato io non abbia trovato il libro di Pasolini, “l’odore dell’India”, appunto.
Forse quello, arrivando qui sarei riuscito a divorarlo: appunti di un viaggio che Pasolini fece con Moravia ed Elsa Morante. Un viaggio da cui è nato un altro libro, ma di Moravia: “un idea dell’India“, il titolo.(http://www.finzionimagazine.it/libri/recensioni/compagni-di-viaggio-lindia-di-moravia-e-pasolini/)

Una telefonata calcolando il ritardo nella voce, facendo urlare la mamma all’altro capo del filo, qualche riga sul blog e tanti sogni leggeri, profumati di India e da quegli abbracci da aeroporto, tutti uguali eppure tutti diversi, fatti di storie che puoi solo immaginare mentre sei lì in piedi col tuo zaino e continui a fissarli stritolarsi in un saluto eccitato e denso.

Massimo

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