La verità è che alla maggior parte delle persone il proprio lavoro non piace.
Non c’è bisogno di dare un nome ad una pseudo sindrome, di cercare consigli sul web, magari arrivando a questo blog, per capire come alleggerire il rientro a lavoro dalle ferie.
Sembra una vera e propria malattia degli ultimi anni, il return to work
Siamo costretti a lavorare per vivere: tutto qui. Quante sono le reali possibilità che una persona felicemente faccia il lavoro che gli piace? Siamo seri, basse, quasi nulle! Chi, anche potendo svolgere il lavoro che gli piace non vorrebbe fare di meno con lo stesso stipendio, magari delegando e controllando mentre guarda un film o sta in giro? Continua a leggere….
Ecco questo un concetto complicato che provo a spiegare in poche righe. L’attuale, in Italia, è la democrazia della merda ossia un appiattimento generalizzato di meriti e competenze, il totale moltiplicarsi di norme obbligatorie non rispettate mescolate ne l tirare a campare, nel pressapochismo. Oggi tutti hanno la convenzione di essere liberi di poter fare e dire perché siamo in democrazia. Nessuno riesce più ad avere una percezione reale di sé stesso, tutti pensano di poter progredire, meritare. Siamo riusciti a confondere la possibilità di informarci usando un mezzo come internet con la necessità di dire la propria opinione su ogni argomento. Nessuno dice più ” non mi interessa”, “non ne so nulla” ma ognuno dice cosa ne pensa senza padroneggiare l’argomento. Continua a leggere….
Oggi due temi importanti che forse meriterebbero due scritti differenti ma fa caldo, vado di corsa, c’ho tante cose per la testa, alcune anche belle, altre che non ho ancora capito che sensazione mi stiano dando. (poi scrivendo mi sono reso conto che pur scrivendo meno del dovuto i due argomenti meritano due post)
Le beneficenza dei ricchi.
Negli ultimi giorni girano in rete parecchie fotografie dei fratelli Gasol, due famosissimi campioni spagnoli di pallacanestro, sotto contratto con squadre americane, pluridecorati.
Su Twitter impazzano loro scritti e foto: sono impegnati, badate bene prima uno e poi l’altro considerato il successo avuto dal primo, nell’aiutare alcune organizzazioni umanitarie che si occupano di soccorso ai migranti. Continua a leggere….
C’è un esatto momento in ognuno dei miei viaggi itineranti e ci penso proprio ora che dovrei organizzare a meglio il viaggio in Cina, ora che non ho tempo e che sto indietro e mi sento come quanto sei in cassa al supermarket e la cassiera è molto più veloce di te a passarti i prodotti mentre cerchi di imbustarli.
Fra le tappe, nel bel mezzo del tutto, sono spesso sopraffatto dalla smania di andare, di allontanarmi e perdermi, scoprire, mangiare e camminare. Poi tutto d’un tratto comincio a pensare al ritorno e questo accade soprattutto (che mi piace sempre come parola perché ha 4 T e mi ricordo pure la voce della maestra che mi rimarcava questo concetto) quando non ho neanche il biglietto di ritorno quindi 99% se viaggio in moto.
Così mi ritrovo spesso a pensare a tornare ma la malattia mi avvelena ancora e combatto e sento che devo andare ancora e procedo così in un loop infinito. Continua a leggere….
Ecco, penso ce ne sia bisogno proprio considerando la società contemporanea, i vizi e le virtù, le esigenze della vita moderna, come si diceva nella pubblicità del Cinar (seti stai chiedendo cosa sia il Cinar o cosa dicesse la pubblicità allora vattene affanculo).
Così il mio nuovo progetto è questo, un ristorante dedicato agli intolleranti. Leggi: non pensare che sia uno dei tanti.
L’idea è semplice ma unica nel suo genere: un posto dove il gestore, l’oste, io, è intollerante, un posto dove chi cucina è nervoso e non sopporta, in generale, così come i clienti non gradiscono, non sopportano, appunto non tollerano certe situazioni. Qui i clienti intolleranti si rilasseranno vedendo maltrattare le persone che si atteggiano, frignano e straparlano che magari hanno invitato qui proprio per non essere potuti intervenire in prima persona. Il capo ufficio? Il collega, l’amica “mimimimi”? Continua a leggere….
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