Quesiti esistenziali: perché lei non chiama?

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Come negare sia capitato di creare mille possibile ragioni per una, QUELLA, mancata chiamata?

Lui o lei, spesso non chiamano. Motivazioni che sarebbero anche comunissime ma ormai la realtà è distorta dai sentimenti e il normale fa davvero solo rima con comune.

Credenze, apparenze, lotte con se stessi, dubbi taglienti.

Alcune ragioni per mancate chiamate di cui si è, nel tempo, avuto riscontro:

Credito esaurito, paura di dire, paura di disturbare, voglia di verificare che sia l’altro a ri-chiamare/cedere, voglia che l’altro semplicemente  insista, tecnica di resistenza con conseguente cedimento assoluto,essere stronzi, essere mignotte, non essere piaciuti, essere piaciuti troppo, alito pesante, un terzo soggetto nel letto del non chiamante, batteria esaurita, abbondanza, carenza.
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Andrea

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Ieri sera abbiamo vinto.

60 – 79

Ho rivisto il campo così come mi piace, quando le grida sono esaurite, quando è vuoto, le luci si stanno per spegnere e tu sei lì che ti rigiochi la partita, ripensi alle sostituzioni, i time-out, agli scarabocchi sulla lavagnetta.
Ho rivisto il campo mentre tutti sono ancora sotto la doccia, al centro del campo, riavvolgi il nastro ed il campo ha un odore che non ha in nessun altro caso, un odore che poi è simile a quello che ha quando ci arrivi presto e la luce è ancora spenta, quando i canestri dormono, le gradinate riposano, i palloni sono là nella cesta, rintanati.

23.00 Cena da Mc Donald’s, come avessimo 15 anni.
Andrea è venuto con suo padre. Continua a leggere….

Quesiti esistenziali: infrastrutture stradali

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Il Gianvi, febbricitante, è in giro per Roma in questo caldo giovedì di primissimo dicembre.

Un dubbio lo coglie e ne nasce una categoria da inaugurare seduta stante: i dubbi esistenziali.

 

Perché gli anziani guardano gli scavi?

Perché si ostinano a fare domande ai nervosissimi operai?

“..A Capo, che ce viè qua?”

E poi sono li che dispensano consigli…ci escono presto la mattina di casa eh.

 

Emozioni al semaforo

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Tutte le volte penso che non ce la faccia, che è impossibile, troppo.

Ogni volta penso che”no, daaaaaai, così è davvero troppo”.

E guardo indietro mentre sono fermo con la moto oltre la linea d’arresto, al semaforo rosso.

Il lavavetri lava, appunto,insistendo con un automobilista rassegnato.

Ed è lì fermo che insapona, lento, ed è già rosso da un po’, perché  ci ha messo comunque del tempo per insistere e poi iniziare. Continua a leggere….

Rifugiarsi

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Si erano rifugiati nelle loro vite.

Lui, lei, senza dirlo ne farlo consapevolmente.

Chiuso nel bavero, al ritorno dal lavoro, sbadigliava nella pancia del serpente di ferro.
Il metrò serpeggiava fra le curve della galleria così come i suoi pensieri, da ascoltare fra se e se col sottofondo dell’ennesimo violino gracchiante: l’ambulante di turno.

Rassicurante, questo pensava. Era rassicurante essere organizzati, ordinati: il lavoro, le scarpe, la casa, il “da fare”.

Organizzare lo costringeva a fare, lo impegnava ed in qualche maniera riusciva a farlo sentire svanito, come con un vino forte, che acceca di forza, che regala una falsa amnesia.
Non pensare: facendo, organizzando.
Alla fine la sua vita era perfetta, pensava; organizzata appunto, impegnata. Non mancava niente, nessuno, se non se stesso, quello vero.

Bugie, come al solito, come era abituato a dire, senza alcun bisogno, come quasi a doversi tenere allenato. Bugie a prescindere, anche a colleghi, rispetto alla sera prima, al pomeriggio ed il da fare fuori d’ufficio. Senza motivo, per non dare riferimenti, ragioni, o forse davvero per allenarsi all’infrastruttura della bugia, alle correlazioni di cui le bugie hanno bisogno per stare in piedi.
Mentirsi  però durava qualche ora, forse giorni, per poi tornare a tormentare. Si sorprendeva a mormorare parole improvvisate quando un pensiero capace di metterlo a disagio lo coglieva.
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