Cielo rosso

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Daly waters, pic from Tripadvisor

C’è uno scirocco caldo e secco.

L’ho sentito stamattina uscendo di casa: non possono esserci 18 gradi in una metà mattina di marzo.

Ho sentito la sabbia nei miei pochi capelli, alzato lo sguardo e visto un cielo arrossato che mi parevano le gote d’ un bambinetto.Ho camminato lento guardando in su, pensando che lo scirocco soffia di 3 giorni in 3 giorni e che raramente soffia un giorno solo,che quando lo fa ti lascia a pensare che stia succedendo o che stia per succedere qualcosa di poco naturale.

Nasce secco, accumula umidità lungo il percorso, nel Mediterraneo, porta piogge dense di sabbia: si arricchisce durante il cammino, come un viaggiatore. Continua a leggere….

Sud est

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Sampan, Vietnam

Discendendo la schiena sinuosa del Mekong, fra Laos, Vietnam e Cambogia c’è tempo per pensare e per riscoprire ritmi che non appartengono più alla nostra società definita presuntuosamente evoluta.

Le sampam, barche lunghe, sottili e rugose come frecce primordiali, solcano l’acqua verdastra e calma mentre attorno percepisco come una presenza costante l’umido del caldo di giorno, il fresco della notte. C’è silenzio ed è rotto solo dagli animali che lungo le sponde fangose oppure in acqua riescono ad animare il quadro.
Tengo gli occhi puntati ovunque, aperti e larghi; tengo lo zaino fra le gambe e custodisco dentro una voglia di catturare tutto, per riuscire a metabolizzarlo, senza però riuscire a farlo davvero nella pratica.
Sento dentro una smania smisurata, un senso di impotenza nato davanti alla meraviglia di quella quantità naturale; sento dentro che “andare” e “scoprire” sono sentimenti palpabili. Continua a leggere….

Giustizia

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Giovanni Brusca condotto in carcere dopo la sua cattura, il 21 maggio 1996. ANSA / FRANCO LANNINO

Giovanni Brusca condotto in carcere dopo la sua cattura, il 21 maggio 1996.
ANSA / FRANCO LANNINO

 

Prima alcune morti sul lavoro, poi l’incidente in funivia provocato da incuria, dal mascherare difetti per poter comunque guadagnare, ora l’uscita di carcere di Brusca.

Il paese è assetato di giustizia, inneggia alla giusta pena, al rispetto delle regole.

Ebbene, le morti sul lavoro ci sono perché si investe poco in sicurezza, perché si accettano ruoli non propri, perché per andare veloci si modificano macchine, dispositivi, e lo si fa noncuranti…tanto che vuoi che succeda?

Noi siamo il paese che lavora in nero, che “conviene a tutti se senza fattura”, il paese che “tanto è sempre stato così”, che accetta a testa bassa, che non vuole cambiare. Il paese che poi, però si lamenta. Se gli ospedali e le scuole funzionano male è anche per questo, per le tasse non pagate.

Siamo il paese che giustifica, che omette, che perdona, che garantisce, salvo poi, appunto, volere la giusta pena, la giustizia a tutti i costi.
I sindacati proclamano sciopero nei prefestivi, solo di venerdì: che credibilità hanno? Sono i primi ad assumere secondo nepotismo, a tutelare chi non lavora.

E’ gravissimo che sia precipitata la cabina di una funivia la cui manutenzione, consapevolmente, era stata messa da parte, i cui freni di emergenza erano stati bloccati per evitare che scattassero impedendo, con quel guasto in essere, che la funivia procedesse, che facesse quindi guadagnare i gestori. Che scandalo, che rabbia, quante vittime! Si, ma siamo il paese che avrebbe protestato se, ad un controllo, si fossero licenziati tutti, denunciati gli altri, incarcerati i colpevoli: cosa avrebbero potuto fare? Il governo con le chiusure per la pandemia li ha affamati. Si sarebbe detto questo, o qualcosa del genere.

Giustizia, carcere a vita….

Oggi esce di galera Brusca, boss mafioso pentito, pluriomicida e si grida allo scandalo. Ma non siamo il paese che si atteggia a grande democrazia garantista, che critica la pena di morte? Brusca ha scontato la sua pena e nel rispetto della legge oggi esce di galera. Il nostro sistema non è volto alla rieducazione, alla garanzia, alla comprensione? Ed allora cosa andiamo cercando?

Perché non siamo in grado di essere coerenti? Perché i più continuano a fare quello che gli conviene e non quello che è giusto?

Aspettando

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Peter Seminck Works

Peter Seminck Works

Siamo ancora lontani e spero che il tempo sia rispettato, che queste piccole non nascano troppo presto, che il loro viaggio di avvicinamento sia senza scossoni, che la loro navicella abbia un piano di volo ben ragionato. Le aspettiamo da mesi, ci prepariamo da anni: vengono da molto lontano, portano con loro una grande esperienza: non saranno appena nate, avranno dei mesi di viaggio alle spalle, delle esperienze, delle parole che non capiremo, che non saremo in grado di comprendere.
Saranno costrette ad imparare la nostra lingua, per spiegarci quello che non sappiamo, per dirci quello che dovremo imparare. Non saranno appena nate, saranno esperte di una vita che non conosciamo, che non ricordiamo forse. Ci guarderanno in silenzio, curiose come noi lo saremo di loro: è un incontro fra provenienze diverse, fra storie differenti: sono vite e sono storie che devono abbracciarsi, comprendersi e provvedere le une alle altre.

9 mesi sono un tempo nel quale puoi andare perfino su Marte, sono un tempo lungo nel quale puoi fare un viaggio, pensare, crescere, imparare; un tempo dopo il quale presentarti alla vita del tutto diverso, cresciuto.

Nasceranno quindi, ci parleranno di loro, del loro viaggio, di cosa hanno visto e sentito, gli narreremo del nostro viaggio, di che mari abbiamo attraversato, di quali lotte e delusioni siamo fatti: decideremo insieme dove andare.

Il buco

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Il buco

 

I miei vicini, ma non so quali, fanno un buco al giorno.

Devono avere un trapano grandissimo, potente che me lo immagino lo regnato in due, almeno moglie e marito.
Stanno fermi che sembra non ci sia nessuno, poi fanno un buco, lungo però, che penso usino una punta quadrata innestata nel grosso strumento. Insistono, trapanano con questa punta che essendo quadrata non buca e così l’operazione dura interminabili minuti.

Un buco solo, ma uno al giorno, e lo fanno da mesi. Cosa cazzo stiano montando non lo so, fatto sta che passiamo 15′ al giorno a sentire loro che trapanano e la casa sarà ormai prossima a cedere, a cadere, crollare. Non riesco nemmeno a capire se siano quelli sopra, accanto: non so. Il rumore è così forte che penso m’entrino in salotto da un momento all’altro.

Fra l’altro il loro grosso trapano è collegato al pulsante play del mio account Spotify: scelgo un album, premo play, iniziano col buco giornaliero, profondissimo, 15′ di buco senza sosta per il povero trapano.

BRRRRRRR, BZZZZZ ora questo, ora quel rumore: non è che sia tutto il giorno eh, ma tutti i giorni. Un buco al giorno, profondissimo, tanto quanto il fastidio che mi provocano, la curiosità che mi suscitano nell’immaginare cosa stiano montando, costruendo.

Me li immagino prendere misure con estrema precisione, me li immagino con la matita sulle orecchie mentre misurano su grandissimi fogli sui quali è stampato il progetto: in quelle ore di silenzio loro teorizzano, misurano, calcolano, disegnano confrontandosi; poi arrivano alla decisione e via, si buca.

Ma solo dopo che io ho premuto play.

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